"Di certo è un diverso ascolto, quello quando io ascolto me stesso. Penso sempre di poter fare non dico meglio, ma diversamente. Perché l’idea del momento è diversa. Per cui la stessa musica, io la potrei suonare in maniera diversa, non già per una questione di perizia, ma proprio per una questione di idea. Proprio perché la musica deve essere l’immagine speculare di un momento... e va fissata in quel momento. Quello che io ascolto di me è quello che io posso fare, posso sviluppare, potrò fare, potrò sviluppare che se mi piace, se autentico, se tutto è suonato con la giusta misura, riesco ad accontentarmi... e mi piace accontentarmi. Accontentarsi non è una rinuncia, è un modo. Ed è una modalità importante che i musicisti devono avere, altrimenti diventa un’altra cosa, diventa una continua lotta; diventa una sfida, che cade nell’errore delle classifiche, e quindi tutto questo non ha più niente a che vedere con la musica".
"La musica intesa come espressione, racconto, racconto di idee, di visioni, non è per tutti. Il musicista compositore è quello che pensa e traduce i suoi pensieri attraverso uno strumento, da non confondere con la musica. Lo strumento è un mezzo per fare musica. Ecco perché la Musica non è per tutti. Suonare uno strumento è per tutti. La conoscenza è per tutti, ma non la traduzione del pensiero e di una poetica in Musica".
"La musica è un luogo ed è il mio luogo preferito. All’interno della musica le relazioni, i rapporti, sono matematicamente autentici; laddove la natura da una parte, il buon senso, che rappresenta l’estetica musicale, la bellezza, non fanno altro che essere il vero contorno a delle regole naturali, importanti: le regole dell’attrazione. Per cui la musica rappresenta una relazione a tutti gli effetti, ed è la relazione più autentica per quanto concerne l’arte. Sicuramente è una delle massime espressioni di relazione".
"La vera innovazione è sapere attendere il momento creativo. In Musica, spesso e volentieri, accade che tanti musicisti scrivano la musica pensando già che questa sia una cosa nuova. Il fatto stesso di pensare che già sia una cosa nuova è già vecchia. Bisogna attendere il momento creativo! Il processo di rinnovamento o innovazione è un percorso che passa attraverso la vera conoscenza musicale e passa attraverso tutto quello che c’è stato prima in musica. Per cui bisogna attendere il momento creativo per potere innovare e voltare pagina".
"Tutto quanto era già stato scritto quando il Jazz, inteso anche come estetica musicale, diventa famoso in tutto il mondo. Si scopre che in realtà la Musica, quella che noi definiamo classica, era assolutamente compatibile all’interno di questa musica che noi chiamiamo musica Jazz. Esiste qualcosa di parallelo, ma non in termini euclidei, che non si incontrano, anzi al contrario, Parallelo: che si guardano, e che insieme riescono a generare regole terze e musica nuova".
IL JAZZ: UNA MUSICA DI LIBERTÀ di giovanni mazzarino
Il Jazz, una vicenda lunga più di un secolo che ha appassionato generazioni di ascoltatori accompagnando la storia della società negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Musicisti di ogni continente ricorrono al linguaggio Jazz; la stessa Musica “colta” vi si è accostata al fine di trarre infinite occasioni per arricchire il suo vocabolario e per avvicinare nuovi ascoltatori. Il Jazz di fatto è stato uno dei fenomeni culturali più importanti del XX° secolo. Ma quali sono i tratti essenziali che danno a questa musica continuità e ne fanno di essa un fenomeno riconoscibile? Il Jazz è figlio di diversi genitori (il Ragtime, il Blues). Ma se ancora oggi questa parola ha un significato, ciò vuol dire che esistono alcuni tratti distintivi che sono sempre rimasti in evidenza. Ad oggi nessuno conosce veramente quale sia l’origine della parola Jazz. Certamente il vocabolo, al tempo in cui cominciò ad essere usato dalle orchestrine arrivate a Chicago da New Orleans tra il 1915 ed il 1916, aveva un connotazione volgare. Secondo il trombonista Tom Brown, “jass” era allora semplicemente una parolaccia usata nel quartiere dei bordelli di Chicago senza alcun riferimento ad un genere musicale. Per altri, Jazz sarebbe una corruzione di un nome di persona: un certo Jasbo Brown, un musicista nero di cui “Music Trade Review” (rivista musicale fondata a New York nel 1878, N.d.R.) aveva dato notizia nel 1919, pubblicando una corrispondenza secondo la quale Brown suonava una musica selvaggia e bizzarra quando era ubriaco. “Ancora Jasbo”, “Ancora Jas”, gridavano gli spettatori.Ma tornando ai tratti distintivi cerchiamo di capirne l’essenza. Se prendessimo dei brani di Jazz, sebbene di epoche diverse, e li facessimo ascoltare a persone che non hanno specifica conoscenza di questa musica, tutti comunque li indicherebbero genericamente come brani di jazz. Essi pertanto rivelano una stessa concezione del ritmo musicale, affinità di tipo armonico, analogie negli impasti strumentali e nel timbro. Ma soprattutto restituiscono l’indefinibile ma evidente “atmosfera del Jazz”. Spiegare con le parole un linguaggio così complesso è veramente difficile. Tuttavia possiamo provare ad individuare elementi che ne fanno “la differenza”. La pulsazione ritmica, punto chiave di tutto il Jazz. Il ritmo nel Jazz è sempre in primo piano in maniera evidente; nasce un nuovo strumento: la batteria. La concezione ritmica di siffatta specie ha origine dal mondo africano, elemento che sarà d’ora in poi presente in tutti i tipi di espressione jazzistica finanche nelle sue espressioni più colte o cerebrali. Anche sul piano Armonico c’è qualcosa che lo differenzia dalla musica colta di matrice europea. La musica fino alla fine dell’ottocento si basava su un sistema tonale che prevedeva fondamentalmente due modalità: quella maggiore e quella minore; laddove una raffigurava uno status espressivo di positività, l’altra un ripiegamento interiore, una visione del mondo malinconica e solitaria, sebbene intensa e talvolta drammatica. Ben diverso è il clima del Jazz! La presenza costante della cosiddetta pentafonica rende spesso e volentieri impossibile comprendere la natura tonale del brano. In altre parole non si comprende bene se alcuni brani sono in tonalità maggiore o minore; il tutto “aggravato “ da note ambigue quali le “Blues Notes”, caratteristiche del Blues fin dai suoi inizi e, dal blues, passate al jazz. Questa ambiguità conferisce al Jazz un sapore unico, speciale. Il Jazz è una musica piena di intrigo e luce. Non a caso, tante pubblicità televisive o radiofoniche si servono della Musica Jazz come ottimo elemento di comunicazione. Anche dal punto di vista Timbrico il Jazz ha un’impronta riconoscibile. E’ una musica in cui è determinante l’apporto degli strumenti a fiato, mentre del tutto secondaria, quasi nulla, la presenza degli archi (sui i quali si impernia la musica europea). Una classica formazione Jazz comprende il pianoforte, il sassofono, la tromba, il contrabbasso e la batteria.
UN MONDO DI IMPROVVISAZIONE di giovanni mazzarino
Il termine “improvvisazione” potrebbe dare adito a diverse interpretazioni. In genere l’accezione comune del termine ci fa pensare ad una vera e propria creazione senza alcun fondamento e nessuna regola. Di fatto la vera “Improvvisazione” in campo artistico (non solo in quello musicale) consiste nel mettere insieme le norme naturali che regolano l’Arte in maniera creativa ed in taluni casi originale. Tutto ciò può avvenire o per mera casualità, o per assoluto talento dell’artista, o grazie alla profonda conoscenza dell’artista stesso circa la disciplina da lui praticata. In campo musicale l’Improvvisazione è il vero sinonimo della composizione. Prescindendo dalla forme compositive di un brano (sonata, fuga, suite, canzone in genere, concerto, ecc.), in termini assolutamente sostanziali, la composizione di una melodia attiene alla sfera del gusto musicale proprio dell’artista che a sua volta si affida anche alla scientificità delle regole armoniche e compositive già, da sempre, presenti in natura. Questo significa che in Musica non si inventa nulla, bensì si scopre. Ed è proprio in virtù di questo principio che la Musica nei tempi si è evoluta. Nessuno hai mai inventato, ma tanti hanno scoperto. Come tutte quelle materie che appartengono alla sfera del razionale, l’armonia e la composizione possono diventare tuttavia Arte solo se si riesce ad interagire filosoficamente, speculativamente con loro, laddove ogni spostamento, ogni relazione, nonostante rigorosamente matematica e razionale, diventa “invenzione” non inventata…. diventa Arte. Quest’azione di tipo speculativa ed empirica al tempo stesso ha prodotto un enorme repertorio musicale ancora oggi suonato che attraverso la sua analisi ha permesso negli ultimi 100 anni di comprendere le regole principali che governano la musica e pertanto la composizione. Anche se in passato l’”improvvisazione” è stata materia praticata dai “musicisti geni” dell’epoca(Mozart, Bach, Chopin, ecc.), in quanto loro, prima di altri, in maniera estemporanea, avevano ben compreso il rapporto tra melodia ed armonia, la “prassi artistica di tipo compositivo”, tuttavia ,era quella di scrivere il tutto su pentagramma al fine di tramandare ai posteri la loro eccellente attività musicale – compositiva. Ma i grandi musicisti del passato conoscevano le regole della Composizione anche se forse non le avevano mai studiate; ed è proprio in considerazione dell’analisi musicale delle loro opere che si sono create le “regole”. Regole, semplicemente scoperte e sperimentate, ma già esistenti in natura. Sulla base di queste considerazioni, all’inizio del XX° secolo, vista anche la grande possibilità di comunicazione intellettuale ed artistica tra le popolazioni del mondo(sicuramente maggiore rispetto a quella del passato), si è ritenuto proporre un nuovo modo di fare e comporre musica. Di fatto di nuovo non c’era nulla. Ma sicuramente si vuole da adesso in poi dare maggiore importanza alla figura del compositore in luogo di quella dell’esecutore. L’esecutore(strumentista) doveva solo eseguire la grande musica, scritta da altrettanti grandi musicisti; questo risultava non essere più sufficiente per essere “denominato musicista”. Il compositore(il musicista, non solo lo strumentista) doveva d’ora innanzi scoprire nuove regole, speculando ed approfondendo lo studio delle opere dei grandi musicisti del passato e pertanto “inventando” nuovi linguaggi ed estetiche che hanno prodotto la cosiddetta estemporaneità compositiva(Improvvisazione). Questo significava che, vista la profonda ed acquisita qualità conoscitiva della musica e delle sue regole, non ci sarebbe stato più bisogno di scrivere in maniera dettagliata su pentagramma, ad esempio, la parte armonica(la mano sinistra del pianista per intenderci), bastava da adesso in poi scrivere semplici sigle per comunicare l’armonia di una composizione. La melodia rimaneva identica : elemento discriminante e determinante di una composizione. In realtà lo era anche prima , ma da adesso in poi il tutto assumeva una modalità relativa alle conoscenze musicali, più o meno profonde, dell’esecutore - musicista. Da quel momento in poi una composizione suonata da un strumentista piuttosto che da un altro sarebbe stata uguale per quanto concerne la melodia, ma profondamente diversa da un punto di vista armonico. Ecco che da quel momento in poi l’esecutore – strumentista, lascia sempre più spazio al musicista – compositore. La grande possibilità di gestione armonica di un brano permise anche il cambiamento della melodia stessa, sia pure in minima parte. Questo avveniva in considerazione dell’estro e della creatività del musicista che automaticamente interagiva con il compositore originale, creando nuove melodie e legami armonici, derivanti dalle diverse soluzioni armoniche adottate. Tutto ciò avveniva sempre più spesso, quasi come gioco, in via del tutto estemporanea. Il nuovo musicista – esecutore e compositore, improvvisa soluzioni armoniche differenti, cambiando o mantenendo la melodia originale, sulla base di regole ferree che i grandi compositori del passato adottavano, ma che gli stessi per esigenza comunicativa della loro poetica artistica, erano costretti a scegliere una e sola soluzione di tipo melodica – armonica che andava fissata su di un pentagramma, non in quanto l’unica possibile, ma in quanto maggiormente esteticamente congeniale, in quel momento, a loro stessi. Mozart è stato l’esempio vivente del musicista – esecutore – compositore. Pertanto in tempi non sospetti, l’improvvisazione intesa come possibilità di cambiamento della melodia e dell’armonia in maniera estemporanea, intesa quindi come valida alternativa alla composizione tradizionale ma non diversa da essa , era già praticata. Sulla base di queste considerazioni, il Compositore è un Improvvisatore a rallentatore. Entrambi utilizzano le regole armoniche che governano la musica, l’uno “a tavolino”, l’altro direttamente “in concerto”. Lo studio dell’Improvvisazione è quindi lo studio della composizione intesa non già in relazione alla semplice o complessa “forma” compositiva, ma come costruzione di melodie sulla base di una progressione data di accordi. Questa materia pertanto si occuperà di come una o più note possano essere compatibili con gli accordi, quali note saranno le più efficaci, la loro disposizione ritmica. Questo meccanismo può essere applicato per tutta la musica, in quanto quest’ultima è una e sola, governata dalle medesime leggi. E’ evidente che le varie estetiche musicali pretenderanno linguaggi improvvisativi diversi tra loro, ma sempre fondati su i medesimi principi armonici, applicati e congegnati in maniera ritmica diversa.